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TAPPA 14 loc. La Moglietta (Molare) – frazione Moretti (Ponzone)

Tappa 14

Segnavia: CAI 557 – 556 – 531 – 533
Località di partenza: Molare, loc. La Moglietta 470 m
Località di arrivo: frazione Moretti (Ponzone) 700 m
Dislivello totale in salita: 904 m 
Lunghezza: 17,6 Km
Tempo di percorrenza stimato, escluse le soste: 4 h 30 minuti
Difficoltà: Escursionistico 

Total distance: 16601 m
Max elevation: 793 m
Min elevation: 352 m
Download file: Tappa14.gpx

DESCRIZIONE TAPPA

L’itinerario Cammino del Piemonte Sud riprende dal punto tappa Cascina Moglietta: si ritorna sul percorso CAI 557 e si prosegue in leggera salita in direzione della piccola frazione di San Luca (494 m), caratterizzata dalla omonima chiesetta e dalla sua attiva Pro Loco. 

Il sentiero 557 insiste sia su fondo naturale sia su asfalto e ricalca un antico percorso utilizzato dagli abitanti del posto per raggiungere San Luca e gli antichi cascinali disseminati sui versanti, un tempo coltivati a vite e granoturco e oggi colonizzati dal bosco. Visitata la frazione e fatta scorta di acqua, proprio di fronte alla chiesa ha inizio il tracciato che corrisponde a un tratto dell’anello 559A, dopo averlo percorso per pochi metri si deve tenere la sinistra e seguire le indicazioni del sentiero CAI 556,  fino a un bivio in corrispondenza del quale il sentiero 556 svolta decisamente a destra, e, alternando discese a tratti in falsopiano, si snoda lungo il versante attraversando un bosco dove predominano il castagno, la quercia, il sorbo montano, l’erica arborea e il ginepro, per giungere al guado sul rio Meri. Il tracciato, ben segnalato,  attraversa il rio, che deve essere affrontato con particolare attenzione dopo i periodi di pioggia, svolta a destra e lo costeggia per alcuni metri prima di riprendere a salire, sempre all’ombra del bosco.

Superato il bivio con la deviazione che porta a Casa Arniazzi, si arriva alla loc. Casa Bruciata e si scende in direzione della Cascina Garroni, sapientemente ristrutturata. Sempre in discesa il sentiero giunge al rio Creuzi e lo attraversa diverse volte, in un ambiente incantevole, dove il silenzio è rotto soltanto dallo scorrere delle acque e dove è possibile osservare gli antichi terrazzamenti in pietra, testimonianza del duro lavoro che in passato gli abitanti delle cascine erano obbligati a compiere per la coltivazione del granoturco. Il sottobosco dominato dalle felci annuncia il guado sul rio dei Ferrai, poi il tracciato prosegue a mezzacosta fino a raggiungere la carrozzabile all’altezza della cascina Scapina, nota per la produzione di deliziose varietà di miele e svoltando a destra arriva alla Cascina Suriazza (letteralmente:”assolata”).

L’itinerario continua salendo dolcemente lungo un’ampia mulattiera, dalla quale si aprono bellissime vedute panoramiche sulla valle del torrente Orba e sui rilievi circostanti, per poi scendere nuovamente in direzione del guado sul Rio Battaglia. Dopo averlo superato raggiunge, in prossimità del vecchio mulino, la strada provinciale 207: svoltando a destra si raggiunge in pochi minuti la frazione di Olbicella (370 m.s.l.m), la più remota tra le frazioni di Molare, che  sorge fra due alture: il Monte Poggio a sud e e il Monte Rotondo a nord. Nel piazzale situato poco prima della chiesa e vicino alla sede della Pro Loco, è presente una bacheca informativa relativa ai percorsi escursionistici della zona. 

Poco dopo la chiesa, la tappa prosegue a destra lungo la strada che corrisponde al tracciato CAI 531, in direzione Cascina Tiole. Il percorso, a fondo asfaltato per un breve tratto e poi a fondo  naturale, è per lunghi tratti immerso in un fitto bosco di castagno, con presenza di rovere, sorbo montano, frassino orniello, pino silvestre, ginepro ed erica arborea. In corrispondenza degli incroci è necessario seguire sempre la numerazione 531,  fino all’intersezione con il sentiero CAI 533: svoltando a sinistra si prosegue sul sentiero 533 in direzione Piancastagna, scendendo sulla carrozzabile verso la Cascina Tiole, rifugio forestale della Regione Piemonte con annessa area attrezzata, presso la quale  si consiglia una sosta per conoscere gli interessanti progetti proposti.

La tappa prosegue poi in discesa, superando una seconda area attrezzata e poco dopo svolta a sinistra su un sentiero che in breve porta alla frazione di  Piancastagna, annunciata dal Sacrario dedicato alle vicende storiche della Resistenza. Piancastagna è infatti tra i luoghi simbolo della Resistenza nell’Alessandrino: il Sacrario sorge intorno al sepolcro del comandante partigiano Domenico Lanza, fondatore del “gruppo celere autonomo Mingo” impegnato attivamente nella lotta per la Liberazione sui monti dell’ovadese e dell’acquese. All’interno dell’area monumentale sono raccolte pregevoli formelle, opera di artisti locali, a ricordo dei partigiani che hanno combattuto in questi luoghi.

Arrivati a  Piancastagna, si abbandona il percorso 533 e si prosegue fino alla frazione Moretti, meta finale della tappa, per raggiungere la struttura ricettiva scelta come punto tappa. 

Foto

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Strutture ricettive

No results.

Prodotti tipici

No results.

Video

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Box Informativo Tappa 14

I boschi dell’Appennino Piemontese

Circa tre quarti del territorio dell’Appennino Piemontese è boscato. Considerando un’area di circa 76.000 ettari, 16.000 circa sono castagneti, 11.000 querceti di rovere, 9.000 querceti di roverella, 5.300 orno-ostrieti e 4.500 faggete.
Il castagno, oggi in generale regressione per l’espansione delle specie autoctone, più adatte all’ambiente è la specie storicamente più diffusa;  il suo utilizzo ha caratterizzato il territorio montano dell’Appennino con frutti, legna da ardere, legname da opera, palerie per le colture e tanti altri utilizzi. 
Sui suoli calcarei invece il carpino nero e l’orniello hanno ricolonizzato numerosi ambienti abbandonati, espandendosi da boschi preesistenti. Tra le altre specie va segnalato anche il sorbo montano, la cui consistente presenza è indice della scarsa densità dei querceti e della progressiva rinaturalizzazione dei castagneti.
La significativa presenza nell’area dell’Appennino di profonde incisioni, vere e proprie forre, ha permesso inoltre la conservazione di una elevata biodiversità forestale, con presenza di latifoglie sporadiche come acero di monte, frassino, ciliegio, ciavardello e altre rosacee come pero e melo selvatico.
La recente espansione del bosco segue secoli di forte pressione umana per far spazio a coltivi e pascoli e soddisfare le necessità di legna. Questo eccessivo sfruttamento, unitamente alla comparsa di malattie quali il mal dell’inchiostro e il cancro del castagno, portarono a un generale stato di degrado, per cui le aree più compromesse, in tempi più recenti, sono state acquisite dal Demanio dello Stato e quindi rimboschite soprattutto con conifere, poco adatte alla zona perché non autoctone, a cura dell’Azienda di Stato delle Foreste demaniali.
Oggi si sta assistendo ad un ritorno alla “wilderness”, un processo lento, con rilevanti fasi intermedie di “seminaturalità”; rientrano, fra queste, le praterie aride sotto rimboschimenti stentati, che presentano un elevato interesse per la conservazione: ospitano splendide fioriture di orchidee e sono ottime zone di caccia per i rapaci come il biancone, simbolo di quest’angolo di Appennino.
L’ente delle Aree Protette dell’Appennino Piemontese, attraverso processi decisionali partecipativi con i residenti, ha approvato Piani di Gestione Forestali attenti alle molteplici funzioni del patrimonio boschivo locale: tutela e conservazione della biodiversità e del paesaggio, mantenere la stabilità del territorio, fissare la CO2, permettere la fruizione pubblica e assicurare la produzione di legna.