Tappa 2
Max elevation: 1273 m
Min elevation: 860 m
La tappa parte dalla frazione di Montaldo di Cosola: la si attraversa seguendo il sentiero CAI 229 e in breve si raggiunge il ponte sul Rio Tovaglia ad una altitudine di 867 m.
Il Rio Tovaglia è uno dei tanti affluenti che convergono a Cosola a formare il torrente Cosorella, a sua volta uno dei principali affluenti del Borbera.
Sorpassato il ponte e ignorato il sentiero che si stacca sulla sinistra, si prosegue in leggera salita sempre seguendo i segnavia bianco rossi: al termine di un ampio tornante si giunge a un bivio e si prende il sentiero che attraversa un bosco di castagni che pian piano lasciano il posto ai faggi e si arriva quindi a una radura, dove è presente una costruzione ormai abbandonata e dove sono posizionati alcuni tavoli con panchine.
Proseguendo nella faggeta si giunge, dopo circa 1 h 30 m di cammino, alla Fontana della Gallina: siamo infatti nella valle omonima, alle pendici del Monte Porreio. Da qui il cammino entra nell’Area contigua dell’Alta Val Borbera, istituita insieme all’omonimo Parco, e costeggia per un buon tratto la Zona Speciale di Conservazione (ZSC) IT1180011 – Massiccio dell’Antola, Monte Carmo, Monte Legnà.
Ancora una breve salita e poi un pianoro porta al bivio per il Monte Porreio (1276 m), qui il panorama si allarga sui crinali dei monti Antola e Buio, mentre in basso a sinistra si scorgono già le case della borgata di Daglio. Si prosegue in discesa sempre seguendo il sentiero 229, lungo un tratto in cui il bosco di faggi è stato tagliato drasticamente e il paesaggio non è più quello fiabesco della salita, fino a raggiungere la congiunzione con la vecchia strada comunale che da Cosola portava a Daglio e si prosegue, ora in leggera discesa, fino all’abitato di Daglio.
Giunti alla Cappelletta si lascia il sentiero CAI 229 e si prosegue sul CAI 230, che permette di visitare il bel borgo di Daglio, caratterizzato da ristrutturazioni molto ben eseguite. L’abitato di Daglio segna inoltre l’ingresso del tracciato nella Zona Speciale di Conservazione. Tra scalette e ripide “crose” si arriva alla strada asfaltata proprio in prossimità di una fontana, dove è possibile fare rifornimento di acqua potabile. Si arriva quindi al parcheggio di Daglio e si prosegue per un breve tratto su asfalto fino al primo tornante dove, sulla destra, si diparte in salita una carrareccia priva di segnaletica, che è necessario seguire per circa un chilometro fino a raggiungere, a quota 1044 m, un pianoro dove è presente una colonia, attualmente usata come campo estivo per giovani.
Da qui si imbocca, sulla destra, un sentiero che, scendendo, attraversa tre affluenti del sottostante Torrente Ghiaion e giunge nel punto dove sorge la Cappelletta intitolata a S.Rocco, da cui si scorge la frazione di Cartasegna. Proseguendo, si incrocia la strada asfaltata e quindi si entra in paese
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Il gatto selvatico europeo
Il gatto selvatico europeo (Felis silvestris silvestris) è un animale solitario ed elusivo, con abitudini prevalentemente notturne, e risulta quindi difficile da osservare anche per i ricercatori più esperti.
Predilige habitat forestali, in particolare di latifoglie, e zone dove sono presenti cavità rocciose che possono servire da riparo; evita soltanto le quote altitudinali elevate, probabilmente in relazione alle limitazioni dell’innevamento sulle attività di caccia e spostamento.
La dieta è composta di piccoli mammiferi, soprattutto roditori come topi e arvicole, ma si può cibare anche di lagomorfi e, secondariamente, di uccelli, rettili e invertebrati.
Il riconoscimento in natura non è semplice e c’è il rischio di scambiarlo per un semplice gatto domestico. L’elemento che più contraddistingue il gatto selvatico europeo è la coda che ha una forma tozza “clavata” con apice nero preceduto da tre o quattro anelli neri distinti che non sono mai collegati uno all’altro in zona dorsale; gli altri elementi caratteristici sono quattro strie nere, dietro la testa, nella zona occipitale-cervicale, due strie nere nella zona scapolare e una stretta banda dorsale, sulla schiena, che raggiunge la radice della coda senza mai superarla.
Il gatto selvatico europeo è un animale rigidamente territoriale, con aree di caccia di grandezza variabile tra 2 e 10 chilometri quadrati, per cui la densità media si aggira al massimo su 0,5/Kmq, con la possibilità solo per individui di sesso opposto di frequentare lo stesso territorio.
La riproduzione avviene una volta all’anno nei mesi di febbraio-marzo; dopo una gestazione di circa 65 giorni nascono da 2 a 5 cuccioli che resteranno con la mamma fino all’età di 6-8 mesi, dopodiché andranno in dispersione.
La “storia” del gatto selvatico europeo in Italia ricorda molto quella del lupo: ridotto quasi all’estinzione per la caccia spietata, con l’utilizzo anche di trappole, allo scopo di commerciarne la pelliccia, ottiene la tutela con la Legge n. 968/1977. Nel 1992, con la legge n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), il gatto selvatico viene riconosciuto “specie particolarmente protetta“; oggi anche a livello Comunitario il gatto selvatico è inserito nell’allegato IV della Direttiva Habitat 92/43/CEE (specie per le quali è necessario adottare misure di rigorosa tutela), in Appendice II della normativa CITES e in Appendice II della Convenzione di Berna.
Ai sensi IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) la specie è considerata NT, Near Threatened, (Quasi Minacciata) in quanto non sono ritenuti sufficienti i dati utili a definire il trend e la consistenza delle popolazioni a livello europeo.
In Italia, oggi, il gatto selvatico europeo (Felis s. silvestris) è diffuso praticamente su tutto il territorio nazionale, dalla Sicilia al Friuli, mentre in Sardegna è presente la sottospecie (Felis s. lybica). Il gatto domestico rappresenta invece una sottospecie ulteriore (Felis s. catus).
Fare un stima numerica degli individui di gatto selvatico europeo presenti nel territorio italiano è molto difficile, per il carattere estremamente elusivo dell’animale, ma i ricercatori concordano nel ritenere che la popolazione sia in crescita, soprattutto nel Nord-est e nell’Appennino settentrionale, e che probabilmente siano presenti qualche migliaia di individui diffusi su tutto il territorio nazionale.
I fotografi naturalisti Paolo Rossi e Nicola Rebora nel 2020 hanno realizzato il bellissimo documentario “FELIS gatto sarvægo” sul ritorno del gatto selvatico sull’Appennino ligure-piemontese.